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Partenopèa, Repùbblica.

Repubblica sorta a Napoli nel 1799, in seguito all'invasione francese del 1798-99. Prese nome da Partenope, la mitica ninfa innamoratasi di Ulisse. L'esercito francese, comandato dal generale J.E. Championnet, dopo aver sconfitto le truppe napoletane guidate dal colonnello austriaco C. Mack, il 23 gennaio 1799 entrò in Napoli, riunendosi con gli insorti, che il giorno precedente si erano impadroniti di Castel Sant'Elmo e avevano proclamato la R.P., mentre Ferdinando IV riparava a Palermo. Ottenuto il riconoscimento della Francia, la R.P. si diede un Governo provvisorio, alla cui presidenza fu, in un primo tempo, C. Lauberg e, in seguito, I. Ciacia. Un Direttorio di 25 membri, organizzato in sei comitati (comitato centrale, della finanza, degli interni, della guerra, della giustizia e polizia, della legislazione), costituì il potere esecutivo, mentre l'assemblea generale dei membri di tutti i comitati deteneva il potere legislativo. L'effettiva autonomia della R.P. fu, di fatto, limitata dal Direttorio francese, e furono osteggiati i tentativi di riforma sociale ed economica, come l'abolizione della feudalità e la redazione di una Costituzione. La nomina del commissario civile del Direttorio A.J. Abrial determinò una riorganizzazione amministrativa, con l'istituzione di una commissione esecutiva composta da cinque membri e di un'altra legislativa di 25 membri. Le difficoltà francesi nell'Italia settentrionale, in seguito alle sconfitte subite in Lombardia e Piemonte ad opera dell'esercito austro-russo, l'avanzata del luogotenente borbonico cardinale F. Ruffo dalla Calabria, coadiuvato dall'appoggio di masse di briganti, la partenza di quasi tutte le milizie francesi verso il settentrione, determinarono la rovina della R.P. Alla fine di marzo, la Calabria e la Basilicata furono riconquistate ai Borboni. Il 13 giugno, Ruffo entrò a Napoli e pochi giorni dopo fu firmato un armistizio. Ma il 24 giugno l'ammiraglio O. Nelson, giunto con la flotta inglese, ne rifiutò la ratifica a nome del re. Seguirono processi, spesso sommari, e condanne a morte per tutti i partecipanti alla cospirazione repubblicana, fra cui F. Caracciolo, M. Pagano, I. Ciacia. Vincenzo Cuoco, testimone di quegli avvenimenti, ne scrisse un'accurata ricostruzione nel suo Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799 (1801).